Chi lo avrebbe mai detto! La pioggia artificiale non è un argomento solamente attuale, ma anche antico che aveva coinvolto già dall’immediato dopoguerra alcune comunità scientifiche, soprattutto quelle appartenenti ai paesi più progressisti. L’argomento aveva peraltro appassionato l’opinione pubblica e copriva spesso le prime pagine della carta stampata a livello mondiale.
Le numerose esperienze di pioggia artificiale (compresa anche le esperienze della neve artificiale) hanno avuto luogo a partire dal 1947 in Europa, in America e in Australia, mettendo in opera procedimenti diversi.
L’esperimento del fisico Vincent J. Schaeffer in Australia consisteva nello spargere dapprima 45 Kg di neve carbonica in una nube cumuliforme con base a circa 3300 metri e con una sommità a 7000 metri (lo zero termico era a 5400 metri) poi 135 Kg in un’altra nube. Il risultato? Cadde abbondantemente pioggia per molte ore su circa 60 Km quadrati. Furono ripetute altre 6 prove ma non ebbero tutti lo stesso successo, solo 4 su 6.
Altri esperimenti furono condotti in Francia ma con scarsi risultati. Mentre in America i fisici mostrarono che il ghiaccio secco non era il solo agente capace di provocare delle precipitazioni artificiali nelle condizioni richieste dalla teoria di Bergeron che afferma: tutte le sostanze i cui cristalli hanno la stessa disposizione dei cristalli di ghiaccio, danno lo stesso risultato, cioè agglomerano intorno ad un nucleo le gocce di acqua sopraffusa. Fra queste sostanze c’è l’ioduro d’argento e l’ossido di cerio. Entrambe le sostanze, però, hanno il problema di essere costose, quindi poche utilizzabili. Ma i fisici non si arrendono! Pensarono di ridurre l’ioduro d’argento in un fumo composto di particelle finissime di diametro di un milionesimo di millimetro. Il fumo, ottenuto in un apparecchio in cui si vaporizza l’ioduro per poi condensarlo raffreddandolo bruscamente in un getto d’aria, è sparso nell’atmosfera ove si mescola alle nubi, producendovi lo stesso effetto della neve carbonica. I risultati? Buoni, sempre se la temperatura della sommità della nube sia inferiore a zero gradi Centigradi.
I risultati ci sono, si riesce a produrre pioggia artificiale, però, forse perché reduci dal conflitto mondiale, l’opinione pubblica era scettica e anche intimorita da questa nuova ricerca sulla precipitazione artificiale tanto da pensare che potesse essere utilizzata anche per nuovi conflitti, capaci di deviare perturbazioni atmosferiche in favore di alcune aree geografiche arricchendole di pioggia e riempire corsi d’acqua alimentando gli impianti idroelettrici o addirittura a causare aree aride.
È cambiato qualcosa in questi ultimi 75 anni? Le preoccupazioni sono forse rimaste, la tecnologia è cambiata e le risorse economiche messe a disposizione per la pioggia artificiale sono state alimentate frequentemente.